Sono le ore 18:00 del 22 maggio e l’aula 109 del Floriani apre la sua porta per accogliere i visitatori di “Noi siamo”, la presentazione degli esiti del laboratorio di teatro coordinato dal regista Jacopo Giacomoni, tenutosi presso i locali dell’Istituto da gennaio ad oggi e finanziato con risorse del Fondo Sociale Europeo attraverso la società di formazione Cieffe di Trento.
Hanno partecipato su base volontaria alcuni studenti di tutti gli indirizzi e di varie classi, i quali hanno proposto degli autoritratti nella modalità espressiva liberamente scelta da ciascuno di loro. Un collage fotografico, due video, due installazioni, una scultura e una performance: queste le forme nelle quali i ragazzi hanno rappresentato se stessi, la loro vita, la loro storia, i loro pensieri, le loro emozioni, la loro visione della vita.
Queste le parole di Jacopo Giacomoni: “Rappresentarsi è un atto sempre più comune: smartphone e social network permettono una continua messa in mostra di quello che facciamo e di come siamo. Raramente, però, capita di affrontare la rappresentazione di sé come un atto artistico, che, a differenza del selfie, richiede una riflessione più profonda e consapevole sugli strumenti che si utilizzano, sullo spettatore, sullo sguardo che rivolgiamo a noi stessi e su quello che gli altri rivolgono a noi. Il laboratorio è stato un tentativo di ragionare insieme attorno a questi temi.”
Il laboratorio si è articolato in tre fasi principali: una dedicata al tempo, una alla struttura e una al “furto”.
L’arte performativa - ma si può dire l’arte in generale - ha a che fare col tempo dello spettatore. L’artista si prende cura del tempo dell’altro e ha il potere di sottrarre il pubblico al ritmo della quotidianità. Tramite esempi e riflessioni condivise, i partecipanti hanno prestato attenzione a come un’opera d’arte (un video, una performance, un’installazione) possa modificare la scansione temporale di chi la esperisce ed essere un’alternativa preziosa al ritmo a cui ci abitua la realtà di tutti i giorni.
In seguito gli studenti hanno cercato di decifrare la forma di alcune opere, interrogandosi sulle diverse strutture che sorreggono la creazione. In quante parti è suddiviso quello che vedo? Quanto può essere rigida una struttura? Quanta libertà o improvvisazione può accogliere una cornice? Gli studenti hanno affrontato alcune opere celebri per affinare la loro capacità di analisi: essere spettatori consapevoli ed esigenti è il primo passo per diventare bravi artisti.
La terza fase del lavoro ha trattato il tema del “furto”: cosa possiamo “rubare” agli altri artisti? Cosa possiamo invece “rubare” alla realtà per creare la nostra opera originale? La riflessione si è così spostata sul tema della creatività. Nulla viene mai fatto per la prima volta e spesso il nostro gesto artistico può essere la ricontestualizzazione del già noto: “i testi e gli oggetti che mi circondano possono diventare il materiale della mia opera senza che io produca nulla da zero” afferma il regista.
Nell’ultima parte del laboratorio gli studenti hanno scelto il linguaggio che ritenevano più consono al proprio autoritratto e infine si sono dedicati all’organizzazione pratica della presentazione al pubblico. Oltre a produrre le singole opere, hanno allestito l’aula, preparato le didascalie, montato le installazioni e definito i dettagli tecnici di tutta la mostra. Questa fase è stata fondamentale nel mostrare agli studenti come nulla dei loro lavori avrebbe avuto senso senza una cura nei confronti del pubblico che li avrebbe visti. In campo artistico, l’organizzazione e il rigore svolgono un compito tanto importante quanto l’estro e l’intuizione.
Dopo la prima apertura al pubblico di lunedì 22 maggio, l’aula/galleria è stata mantenuta aperta e visitabile anche durante la mattina del 23 maggio. Questo ha permesso a decine di studenti di vedere il lavoro dei partecipanti e a questi ultimi di confrontarsi con i giudizi e le reazioni del pubblico. Il Dirigente scolastico Paolo Chincarini afferma: “Ascoltare i ragazzi quando si aprono parlando di sé è sempre stimolante, induce alla riflessione anche e soprattutto l’adulto, consentendogli di allargare la prospettiva della visione su di loro.”